sabato 12 maggio 2012

Il mandarino giapponese

Quando ero ragazzina, anzi quando proprio ero bambina e in tv c'era un solo cartone animato alle cinque del pomeriggio, passavo le mie giornate di primavera – estate nel giardino di mio nonno.
Da bambina pensavo che questo giardino fosse immenso, una proprietà grandissima che mio nonno curava con grande amore, e che a seconda della stagione produceva golosi frutti: ora nespole, ora fragole e ancora arance e mandorle oltre naturalmente a tutti i tipi di fiori.
Come tutti i terreni della riserva naturale della timpa si presentava a costoni, dotati di piccole scalette realizzate in pietra, che consentivano di raggiungere ogni angolo.
Tutto il giardino era poi attraversato da un labirinto che grazie a chiusure realizzate con delle lastre di marmo ne consentiva l'irrigazione: la saia.
Quante volte mi sono arrampicata su quegli alberi o sono finita in quel corso d'acqua..
e nel terzultimo costone, sulla destra, al margine dello stesso costone, mio nonno curava con grande dedizione una piccola pianta di kumquat (il mandarino giapponese), l'unica pianta in tutta la proprietà, diversa dalle altre, piccola, piccolissima, ma carica prima di fiori bianchi e poi di strani frutti dalla polpa asprignia ma dalla buccia dolce.
Quanti sapori dimenticati nella memoria oggi affiorano..semplicemente guardando un'immagine 
Buon fine settimana
Mariangela
 

2 commenti:

  1. Guarda come ti capisco, i sapori e gli odori sono fortemente evocativi anche per me. Io ho perso la mia adorata nonna quando avevo poco più di due anni, non mi ricordo molto di lei, ma chiarissimo e tuttora inconfondibile e il suo odore, violetta di parma, che riconosco al volo e mi proietta una fotografia in formato reale di nonna, con le braccia aperte e i capelli lunghissimi e ricci raccolti in una treccia.
    Ciao Chiara

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